PENSIERI FATTI SUL PIER DI OCEANSIDE (concedetemi un pizzico di letteratura, concedetemi di amare)

Sarà perché da qualche minuto sto toccandomi il dente di squalo che porto al collo, e mi diverto a sentire la punta acuminata, mentre penso.
Penso, allo sfascio luminoso che si può godere nella costa ovest del continente americano, a nord, in quella terra chiamata California, e mentre penso a questo vedo il rosso del pomeriggio che si imbeve nella sera, sento il suono dei miei sandali che calpestano le assi di legno dove, in poche decine di metri, mi conducono sull’oceano.
Sono veramente pochi i passi, ma già ti senti sul mare e c’è un’aria molto più vigorosa, il vento assorbe gli altri suoni, ti perdi in questo turbinare e solo in lontananza avverti il rauco stridore dei gabbiani e le voci degli occasionali pescatori, visitatori, come me, che gettano le canne dal Pier.
Persone e suoni, mentre alterno il grigio del legno al rosso del cielo, il mio sguardo cade a volte sul mantegno del pontile, dove osservo i resti di pesci da poco ripuliti, seppie e calamari lasciati li come pasto ai gabbiani.
Sul Pier ci sono altre persone, ognuna con la sua storia, ognuna coi suoi pensieri, ognuno col suo male di vivere, come insegnava Cesare Pavese, ognuna avvolta nel suo godimento o stordimento, che la vita ci dà.
Continuo a toccare la punta del dente di squalo; mi procuro un leggero dolore che poi non è un dolore, più che altro è la scusa per sentire un qualcosa di diverso, è uno stuzzicarmi per provocarmi piacere e dolore allo stesso tempo, è il mio essere felice che cerca la spensieratezza che non c’è, è la mia gioia e consapevolezza di avere tanto che non muta anche se scalfita dal dolore.
E’ tutto questo, io sul Pier, sono tutto questo.
Oceanside è una piccola città oppure un grande paese, ma anche un piccolo paese, dove puoi camminare accanto alla presenza del mare.
Esiste una strada che porta al mare, e in una certa ora del pomeriggio sembra che ci si getti dentro, sembra una prospettiva assurda ed inconcepibile, invece è così.
Quando scende la sera possiamo prendere un caffè di sotto nel chiosco e aspettare i fuochi divampare nei grandi contenitori di cemento, vedere le ombre scure dei ragazzi sciamare attorno al fuoco allegramente, tutti ti salutano, tutti sorridono, tutti sono felici, tutti divampano nel rosso sfumato de la sera che inizia e poi lentamente svanisce.
Ci sono le chitarre, ci sono le ragazze e i ragazzi e ci sono io che ancora cammino fra i fuochi e le note confuse di una musica che vorrei non finisse mai.
Fra poco il giallo diventerà rosso, il rosso diventerà blu, il blu diventerà nero e nel nero si vedranno solo i fuochi.
Intanto me ne resto qui e mi godo questo momento, ubriaco di vita, ubriaco di tutto, mi lascio trasportare mentre sorrido e continuo a pungermi col dente di squalo.

Scritto da Samuele Peroni, perennemente e passionalmente innamorato di.
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